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lunedì 19 novembre 2007

BOCCUCCIA DI ROSA

Vi consigliamo lo spettacolo di apertura della stagione teatrale della Compagnia Viartisti di Grugliasco. Non perdetelo!

Dal sito
http://www.viartisti.org/produzioni/boccuccia_di_rosa

BOCCUCCIA DI ROSA


personaggi e interpreti:

Maria: Patrizia Schiavo
Greta: Eloisa Perone
Max: Antonio Damasco
Maman: Gloria Liberati
Gemma: Raffaella Tomellini
il vecchio: Silvano Berton

video Letizia Battaglia
elaborazione immagini Andrea Bocca
luci e scene Francesco Dell'Elba
suono G.U.P

testo e regia di Pietra Selva Nicolicchia

COMPAGNIA VIARTISTI con il sostegno di REGIONE PIEMONTE, SISTEMA TEATRO TORINO, COMPAGNIA DI SAN PAOLO, FONDAZIONE CRT, CITTÀ DI TORINO, CITTÀ DI GRUGLIASCO

Appuntamenti:

  • Domenica 25 Novembre 2007, ore 21:00, Cavallerizza Reale, Maneggio
  • Lunedì 26 Novembre 2007, ore 21:00, Cavallerizza Reale, Maneggio
  • Sabato 8 Marzo 2008, ore 21:00, Teatro Superga di Nichelino (To)
  • Martedì 13 Maggio 2008, ore 20:45, Cavallerizza Reale, Maneggio
  • Mercoledì 14 Maggio 2008, ore 20:45, Cavallerizza Reale, Maneggio
  • Giovedì 15 Maggio 2008, ore 20:45, Cavallerizza Reale, Maneggio
  • Venerdì 16 Maggio 2008, ore 20:45, Cavallerizza Reale, Maneggio
  • Sabato 17 Maggio 2008, ore 20:45, Cavallerizza Reale, Maneggio
  • Domenica 18 Maggio 2008, ore 20:45, Cavallerizza Reale, Maneggio


In un tempo impazzito che alterna repentinamente il giorno alla notte, il pomeriggio alla sera; in un clima anarchico dove piove o tira vento o cala un sole implacabile ecco volti di donne, voci di donne.
Immaginate un caleidoscopio di situazioni in un incastro che rimanda al labirinto, ai luoghi nascosti della mente, dove “l'educazione sentimentale” delle prostitute, condotta spietatamente da una feroce Maman e dal compagno Max, affianca le “motivazioni” dei clienti e i dati devastanti della tratta, dove la violenza sessuale, sconvolgente e criminale, incontra la sordida violenza delle mura domestiche nascosta nelle pieghe del ricordo di una donna invecchiata in un museo delle bambole.
I destini dei personaggi appaiono e scompaiono come i luoghi della scena: un vecchio museo delle bambole, ormai in disuso, abitato da due donne, un’anziana e distinta signora e una giovane incinta, che ne accudiscono le ultime vestigia preparandosi a lasciarlo. Poi, come dal nulla, come una vetrina di una casa di bambole, una stanza spoglia, con l’essenziale per cucinare, lavarsi, coricarsi; una tovaglia a quadretti verdi, un vaso con dei gerani finti, un piccolo lavabo. È notte, si sente ancora il temporale che ha imperversato sul museo, e una donna armeggia al fornello del cucinino mentre un uomo siede al tavolo, con una tazza in mano, in attesa. Si intravede una figura gettata per terra in un angolo vicino al letto, sembra un sacco o una bambola rotta. Un vecchio si appoggia alle pareti, mangia e beve come l’ultimo pasto e sogna boccucce di rosa sulla sua pelle rugosa.
E di nuovo il museo delle bambole all’alba, nella quiete che segue al temporale. Qui, in questa sorta di “museo dell’infanzia”, si incontrano e si consumano i destini delle donne di questa storia, qui si fa corpo e voce il grumo inconfessato e difficilmente confessabile della violenza.
Pareti. Quattro, lontane, vicine, riparano, nascondono e poi rivelano la storia, il giallo dei soldi mancanti, di piccole bocche di rosa vendute o tradite, di pance riempite e svuotate… e il sogno: una piccola terrazza sul mare mentre il temporale prende il largo.

“Immaginate di vivere la vostra vita, qualunque essa sia, povera, misera, squallida e sia pure, ma la conoscete, le vostre mani, i vostri occhi, i piedi sanno; e suoni e odori, sono gli stessi di sempre da quando il vostro respiro ha dato fiato al primo urlo. E d’improvviso nessun orientamento possibile, nessuna stella a guidarvi, non capite più nulla, né dove siete, né perché. Niente del vostro corpo e niente del mondo che adesso è intorno a voi può aiutarvi: e in quel buio sentite il vostro respiro rotto, veloce, trattenuto, affannato, centuplicato da altri respiri affannati, rotti, veloci, trattenuti. Terrore, nero e denso e consistente come l’odore della pipì e della merda che non si riesce a trattenere…”


Nel 2004 Amnesty International dedicò la sua campagna alla violenza sulle donne, denunciando, con preoccupazione, una grave recrudescenza del fenomeno in tutti i paesi del mondo e chiedendo impegno e una vera mobilitazione da parte di tutti i governi. Siamo nel 2007 e le cronache mostrano quotidianamente come quell’allarme avesse fondamento. In Europa il fenomeno è gravissimo e nel nostro paese assistiamo a una escalation di delitti e violenze, compiuti il più delle volte dai familiari delle vittime.
Cosa può fare l’arte, il teatro di fronte all’accentuarsi di un fenomeno, la violenza alle donne in tutte le sue perversioni, che si immaginava destinato a scomparire in una società evoluta.
Come sempre ci si rende conto che nulla è lineare e compiuto, nessuna conquista, nessuna maturazione e consapevolezza della società è data semplicemente, ed è data per sempre.
Ecco che forse il teatro può scardinare le convenzioni, le certezze e il mero fatto di cronaca per tentare un viaggio nella zona d’ombra, nei luoghi del non detto, del rimosso,
dove si nascondo pulsioni, desideri, paure inconfessabili.

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